Il vissuto di annullamento dei propri diritti di padre, uno scenario avverso che estromette la figura maschile dai giochi tra madre e figlio; la sensazione di aver perso il proprio bambino e di non sentirsi adeguati a sostenere la relazione con lui. Sono queste le cause principali di malessere per chi richiede un sostegno psicologico. Gli aspetti da sottolineare sono 2: la difficoltà nel distinguere il rapporto di coppia dalla genitorialità e l’evidenza da attribuire al proprio ruolo. La crisi coniugale riporta alla difficoltà di sostenere il cambiamento naturale di una famiglia che cresce e la rottura del rapporto non mette fine alla funzione e alla responsabilità. Il bambino non ha strumenti adeguati per elaborare il vuoto e il vissuto abbandonico. È necessario garantirgli continuità: l’esclusione, l’allontanamento, la denigrazione della figura paterna agli occhi del piccolo rafforzano l’aspetto affettivo-simbiotico della funzione materna, mettendo a rischio il processo di individuazione-separazione del figlio. La risposta dei minori è un’angoscia profonda, giocata su sensi di colpa e rabbia, mentre nei grandi la preoccupazione per il futuro facilita comportamenti dissociali. Per gli adulti è necessario prevedere un percorso di mediazione o psicoterapia che li aiuti a superare problematiche conflittuali non risolte, come rancore, odio, pregiudizi e gelosia, ostacoli a una sana genitorialità.