Il lavoro attraverso la storia
Da soggetto passivo, l’uomo diventa un soggetto attivo multidimensionale.
Tema sempre più attuale è l’attenzione al lavoro quale risorsa dell’espressione di sé e di sostegno alla necessità economica per vivere. Il lavoro come momento relazionale, sociale e di crescita professionale nonché cognitiva, ma anche occasione di un vissuto interno, psicologico di riconoscimento e scoperta di sé, delle proprie risorse personali, creative, innovative, sede spesso di soddisfazione, interesse, piacere .
Il rapido passaggio attraverso le epoche ci delinea un cambiamento drastico da un lavoro fatto nei campi, operativo, manuale, faticoso che coinvolgeva spesso anche le donne insieme alla loro famiglia, ad un lavoro di tipo meccanico, ripetitivo, alienante nelle fabbriche che con l’affermarsi della rivoluzione industriale ha tradotto l’uomo come appendice di una macchina laddove l’obiettivo primario dell’azienda era di conseguire il miglior risultato in termini di costi e benefici economici, non considerando né l’ambiente di lavoro né la salute del lavoratore.
La donna che già aiutava nei campi e svolgeva comunque anche il ruolo centrale di accudire casa e figli è, nell’era industriale, relegata in fabbrica con mansioni molto pesanti e ripetitive, di scarso pregio e mal retribuite.
Con l’avvento dell’epoca moderna, la conseguente rinascita industriale, porta in primo piano l’uomo come soggetto attivo che interagisce con l’ambiente di lavoro e si comincia a delineare il valore del benessere psicofisico del lavoratore quale indice di effettiva produttività. Gli aspetti di cura ma ancor più di prevenzione cominciano a richiamare l’attenzione ai fattori organizzativi che minacciano la salute del lavoratore. La donna, intanto, ha avuto progressivamente sempre più la possibilità di studiare, crescere professionalmente e, nel tempo, è passata da uno stato di passività e di inferiorità giuridica e sociale ad uno stato di effettiva parità con gli uomini , misurandosi sullo stesso terreno.
Aspetti multidimensionali di benessere si affacciano ora a definire la salute organizzativa (Avallone 2005, pp.7-8) “come l’insieme di nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando il benessere fisico, psicologico e sociale della comunità lavorative.”
Stili di approccio al lavoro.
La dimensione femminile e la dimensione maschile a confronto.
Domenico De Masi in una intervista di Stefania Capaccioni (2007) ci illustra la doppia scissione che si è portati a vivere nella quotidianità tra lavoro e tempo libero, tra maschile e femminile, tra la sfera razionale, della serietà, della produzione che si fa in ufficio o in fabbrica considerata di natura maschile e quella emotiva, ri-produttiva e quindi “domestica” femminile.
Dalla rilevazione sperimentale di uno studio sulla soddisfazione e le emozioni positive nella mansione (Giornale di psicologia it. Vol.2 n.1-2 2008) emerge quanto le donne “sentano” ed interpretino il lavoro in modo più simbolico ed emotivo rispetto agli uomini che invece si rappresentano come strutturalmente e gerarchicamente posizionati.
Tutto ciò che è emotivo è sempre stato nel tempo considerato negativo in azienda, parte del ‘fuori’, giocoso, felice, allegro.
Le aziende invece sono “grigie”, senza emotività.
L’azienda si trasforma.
Le Emozioni entrano in campo.
Recentemente si comprende come questo tipo di Aziende mal si adattano alle nuove esigenze di mercato che impongono approcci al lavoro più flessibili, meno operativi (perché delegati alle macchine) non pianificabili ma creativi e innovativi. La creatività è una sintesi tra fantasia, emozione, regole e concretezza.
E’ anche per questo motivo che le donne sono progressivamente entrate a far parte dei contesti aziendali, perché soggetti determinanti per l’equilibrio e l’elasticità dei sistemi organizzativi.
Si passa dunque:
- da una organizzazione basata sul controllo ad una organizzazione basata sulla motivazione quale risultato in cui non prevale né la dimensione maschile né quella femminile ma invece integrazione e cooperazione di generi.
- da un approccio rigido, inteso come ‘scettro’ del potere e delle capacità, alla ragione dell’essere e del sentire, come base della condivisione, dello scambio e della creatività.
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L’intelligenza emotiva è donna.
Goleman (1994) ci parla di Intelligenza Emotiva come la capacità di comprendere e gestire le emozioni proprie e degli altri.
L’indagine della Six Seconds Italia 2003 evidenzia una differenza di genere: le donne hanno una maggiore intelligenza emotiva rispetto agli uomini. (differenza del 6%).
La ricerca fatta dalla COFIMP, (Società di Formazione e Consulenza di Unindustria Bologna) studia, attraverso una lettura temporale ai comportamenti emotivi dei lavoratori e ai cambiamenti registrati nell’arco di quasi 10 anni (2001-2009), i cinque fattori chiave dell’intelligenza emozionale:
Empatia, Maturità emozionale, Sensibilità, Cordialità, Esteriorizzazione
Questa indagine mette in evidenza quanto la globalizzazione e la “crisi” abbiano deteriorato nelle donne queste inclinazioni femminili, le uniche che usate con intelligenza, possono garantire crescita, motivazione e felicità nel lavoro.
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La leadership positiva: Una leadership tutta al femminile
La leadership al femminile, è fondamentalmente orizzontale e non gerarchica; è in grado di muoversi in modo circolare, con uno scambio di valori, unconfronto continuo con il team alla pari e una condivisione di responsabilità. Per fare questo è necessario sapersi mettere in discussione, conoscere se stessi, i propri limiti e le proprie potenzialità, oltre che possedere quelle capacità di empatia, sensibilità e di esteriorizzazione emotiva. L’obiettivo, ora, è far crescere gli altri con uno scambio di idee ed esperienze da parte di entrambe le parti.
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L’Intelligenza Emotiva si apprende
Secondo Marco Poggi in “L’intelligenza delle emozioni in azienda” (Mida.biz1999) il percorso formativo ideale prevede delle sessioni di laboratori distinte in 5 fasi :
- Contatto/riconoscimento/descrizione delle emozioni
- Gestione/elaborazione
- Sviluppo di self-efficacy
- Sviluppo di empatia
- Sviluppo di socievolezza.
Questi percorsi formativi aziendali tendono a sviluppare praticamente la capacità di sentire, riconoscere, attribuire la giusta genesi dei vissuti e gestire le emozioni anche in funzione di una equilibrata relazione con gli altri a partire dalla capacità di saper ascoltare attivamente l’altro e naturalmente anche noi stessi.
Si dovrebbe pensare seriamente di integrare i programmi scolastici con momenti esperenziali che permettano di sviluppare nei piccoli questo tipo di sensibilità e consapevolezza. Dalle nozioni scolastiche alle persone, nel rispetto della creatività, del gioco, della fantasia, della libera espressione di sé in armonia con gli altri. Un buon allenamento per saper lavorare in team da grandi!
Recensione di “Donne senza guscio” di Luisa Pogliana
Guerrini e Associati editore 2009
Una lettura snella, complessa e nello stesso tempo rigorosa e attenta, ripercorre insieme all’autrice la strada accidentata di donne manager che raccontano le loro esperienze concrete, i loro vissuti, le loro riflessioni, senza imbarazzo e senza difese.
Il loro lavoro e il loro impegno si orienta nel consolidamento professionale, dice l’autrice, non tanto come strumentale alla posizione e al guadagno ma come mezzo per realizzare se stesse nel tentativo costante di rendere equilibrata ed armoniosa la “pluralità di agende” che si trovano a gestire nella vita quotidiana tra obiettivi aziendali, familiari e personali.
Emerge la serenità con cui le testimonianze si esprimono attraverso una lettura, mai vittimistica, della realtà spesso pesante, difficile, in salita e a confronto con un modello dominante di management maschile.
Donne che si “riconoscono” nel lavoro come nella vita, che ritrovano e rielaborano le dinamiche personali con umiltà e semplicità con loro stesse ma anche in relazione con gli altri, ridefinendosi senza timore, con flessibilità e creatività, in armonia con le esigenze di cambiamento dettate dalla vita così come dalle Aziende.
L’autrice spiega in una intervista rilasciata a Caterina Della Torre come è nata l’idea del titolo del libro “Donne senza guscio”: “Perché , scrivendo di queste cose, mi è tornata in mente la metafora usata dalla lingua degli Yamana, indios della Terra del Fuoco, per indicare la ‘depressione’: la stessa parola che indica lo stato vulnerabile del granchio quando ha perso il vecchio guscio e aspetta che cresca quello nuovo. Se si riesce a superare la fase ‘molle’, il nuovo guscio sarà più adatto alla crescita avvenuta e permetterà di vivere meglio”.
Recensione del Film “Mi piace lavorare” (Mobbing)
Anno 2003
Drammatico
Regia Francesca Comencini
Protagonisti: Nicoletta Braschi e Camille Dugay Comencini
Un film che merita di essere segnalato per la forza di comunicazione che esprime attraverso una recitazione semplice ed incisiva.
Gli attori, non tutti professionisti, riescono però a trasmettere quelle emozioni, spesso forti ed insopportabili, legate alla mediocrità dei sistemi interpretati dalle Aziende in via di ristrutturazione rilevate da una multinazionale che le obbliga a snellire il proprio personale. Aziende che pretendono flessibilità’ a tutti i costi, che puntano sulla produttività al di là della persona, raggiungendo parossismi apparentemente distanti dal sistemi tayloristici ma che utilizzano meccanismi simili per vessare e svilire la persona portandola alla umiliazione più totale e all’isolamento fino a COSTRINGERLA alle dimissioni “volontarie”.
Questa storia è una storia di Mobbing, una tecnica di dissuasione dal lavoro per evitare licenziamenti brutali attraverso un clima invivibile per la persona “in esubero” fino a portarla alla depressione.
La protagonista,la brava Nicoletta Braschi, interpreta magistralmente il ruolo di questa donna che progressivamente e senza motivo si ritrova disperata e sola a svolgere a ritroso quei ruoli e quelle attività sulle quali nel tempo aveva costruito la propria autostima. Questo è lo specchio della forza e del coraggio di tante donne che ogni giorno riescono con dignità , nell’anonimato, a superare enormi difficoltà attraverso il sostegno affettivo ed il pensiero dei figli. Ed infatti la protagonista, ormai distrutta dalle continue vessazioni riesce ad ancorarsi all’unica realtà dalla quale non sia stata tradita (come invece hanno fatto il lavoro ed il marito),la figlia. Saràil rapporto con la bambina, così audace, così adulto che ridarà alla mamma quella fiducia nella vita ed in se stessa per reagire e ri-nascere. Significativa è una delle frasi che nel film in una riunione sindacale sul tema della ristrutturazione e sulla gestione dei trasferimenti una sindacalista dice: “non è giusto porre le donne di fronte a questa scelta….” riferendosi alla scelta tra il lavoro ela famiglia. Lacattiva gestione dei sistemi, la povertà di pensiero rispetto alla capacità di cambiamento e di ristrutturazione dei contesti lavorativi impediscono il ri-conoscimento dei valori di base e determinano lo svilimento dell’essere umano quale soggetto attivo portatore di emozioni, creatività e competenze promuovendo invece atteggiamenti dispotici e arroganti perlopiù difensivi da un vuoto esistenziale di persone povere di affetti e di sentimenti.
Dr.ssa Daniela Benedetto