Diventare genitori adottivi: uno scenario da esplorare, una realtà da costruire.
Abstract
L’adozione, quale processo complesso di sviluppo e di conoscenza, presenta aspetti molteplici di analisi che implica una valutazione sia delle valenze emotive e motivazionali della coppia che degli aspetti legati ai servizi socio psicologici che entrano ed interferiscono nel processo adottivo in quanto lo guidano e lo sostengono dal nascere. L’articolo vuole approfondire i diversi scenari (psicologici) genitoriali che si presentano a fronte di una volontà di adottare un minore fino a comprenderne le origini ed individuare le soluzioni per configurare al meglio una vita familiare sufficentemente in grado di elaborare le conflittualità eventualemente presenti. Passeremo infatti attraverso l’analisi degli aspetti legati al “lutto” procreativo,alla perdita, al vuoto, affronteremo il concetto di “divieto procreativo”, di riparazione della ferita narcisistica, di lutto abbandonico (del figlio), di emozioni quali rabbia, impotenza, di sentimenti quali la vergogna e la colpa, di delusione e riparazione. L’ultimo argomento trattato sarà riservato alla soluzione terapeutica di sostegno alla coppia genitoriale quale strumento di valorizzazione delle energie e risorse interne alla coppia rassicurata da un contesto professionale di supporto.
Quando parliamo di adozioni ci riferiamo ad un processo complesso e ad un progetto che coinvolge la coppia fin dal primo giorno della decisione di dare disponibilità ad accogliere un bimbo per proseguire poi, con il piccolo, in un “insieme” familiare che scolpisce e definisce i confini della famiglia, la famiglia adottiva.
Il processo adottivo comincia a farsi luce nella coppia spesso in armonia con le prime difficoltà incontrate a fronte del desiderio mancato di concepire un proprio figlio.
Tali difficoltà comportano nella coppia vissuti di impotenza, delusione, incapacità a trovare senso e piacere nelle cose fino a giungere alla soluzione adottiva come strumento per riparare un danno biologico della coppia vissuto con colpa e vergogna nonché rabbia e delusione.
Delusione, ferita, fantasmi e possibili scenari genitoriali.
La delusione di una mamma rispetto ad un bambino mai nato viene investita sull’adozione che ben presto acquista aspettative ideali di riparazione della ferita narcisistica attivando meccanismi difensivi di idealizzazione del bambino, negazione dei problemi per risarcire la delusione e riparare l’incapacità procreativa e biologica.
Assistiamo poi ad altre situazioni che mettono in luce un “divieto” procreativo inconscio che può rendere più travagliato il percorso dei colloqui preadottvi con un aumento dei vissuti persecutori e di giudizio che vanno a confermare il divieto procreativo inflitto dalla natura.
Il timore di trovarsi di fronte al riconoscere il limite procreativo rende ancor più difficile ed ambivalente per i futuri genitori il rapporto con gli approfondimenti medici e le eventuali terapie per la sterilità.
Altre volte, invece, il genitore si sente in colpa più che non autorizzato e legittimato. Teme il genitore biologico che sente come reclamante una restituzione, insieme al timore, sempre del genitore adottivo, che il bambino venga rapito.
C’è bisogno di un tempo per elaborare la ferita narcisistica della procreazione biologica, tempo necessario per far emergere la “fertilità mentale”.
Perdita, vuoto e lutto
Nel processo adottivo l’elaborazione (terapeutica) della “mancanza” dovuta alla impossibilità di procreare e di generare, diventa presupposto per fare “spazio” al lavoro di crescita e di supporto per il nostro piccolo.
Il lutto procreativo (lutto quale processo elaborativo e ripartivo di una perdita) inespresso, graverà sul figlio, aleggerà nel clima familiare, aggravando il segreto delle origini.
Infatti sia la coppia genitoriale adottiva che il figlio devono affrontare il lutto della “doppia perdita”, quello procreativo biologico dei genitori e quello abbandonico del bambino.
Da qui comprendiamo che accettare di elaborare il lutto significa accettare e riconoscere il limite, dal quale si può ripartire e costruire.
Essere donne ed essere madri.
Capiamo a questo punto quanto sia determinante per il buon esito di un percorso adottivo la giusta dimensione del riconoscimento di sé e dei propri limiti nonché la definizione delle proprie aree di vita e di crescita sia sul piano individuale, emotivo, realizzativo che su quello professionale.
Osserviamo per esempio le diverse identità della donna da quella individuale, a quella di coppia, a quella lavorativa e ancora a quella materna. A volte può succedere che le insoddisfazioni legate ad alcuni aspetti delle identità e dei ruoli descritti vengono investite nelle attese di una maternità riparativa.
Questi aspetti vanno poi considerati, soprattutto conosciuti, ri-conosciuti, “sentiti” ed elaborati quando entriamo in contatto con il nostro bambino per evitare di attenderci da lui risposte impossibili alle quali il bambino potrebbe adattarsi per non perdere il nostro affetto o invece ri-tirarsi dentro di sé per non subire ulteriori umiliazioni di incapacità, impotenza e vissuti di vuoto e disperazione.
Gruppi di sostegno alla Genitorialità adottiva
La “procedura” burocratica per conoscere ed accogliere il nostro bimbo adottivo tra le nostre braccia è diventata, con il passare del tempo e l’esperienza maturata, sempre più attenta a tradurre, quel che prima poteva essere vissuto e sentito quale “controllo” e valutazione (giudizio) delle competenze genitoriali possedute, in momenti ed opportunità per sostenere la coppia lungo il proprio percorso emotivo e conoscitivo delle motivazioni (ideali) iniziali ma anche della realtà con cui dovranno confrontarsi. (attesa, accoglienza, conoscenza, vissuti positivi ma anche negativi ecc).
A questo riguardo sono ora più che mai “obbligatori” percorsi genitoriali di gruppo pre e post adottivi che rivolgano l’attenzione ad approfondire le dinamiche psicologiche che sottendono la domanda e che, mediante la consapevolezza della coppia, possano indirizzare al meglio lo sviluppo di quelle risorse interne della coppia utili a comprendere e superare le eventuali e future empasse.
Questi percorsi a volte però vengono coordinati dagli stessi operatori dei servizi psico-sociali ai quali è delegata anche la funzione di redigere la relazione richiesta dal Giudice minorile sulla coppia creando ancora nei genitori preadottivi confusione e resistenza nel poter esprimere liberamente i propri vissuti senza sentirsi a rischio di valutazione.
Numerosi infatti sono anche i “luoghi” professionali esterni alle istituzioni che si occupano di questa tematica e che organizzano periodicamente cicli di incontri per Genitori Adottivi con lo scopo di creare quel “tempo” di riflessione, analisi ed approfondimento utile sia alle coppie che sono in attesa del loro piccolo (adottando) che delle coppie già genitori adottivi.
Normalmente si preferiscono incontri in gruppo per favorire lo scambio di vissuti, esperienze, progetti e dinamiche conflittuali che insieme all’ascolto e all’indirizzo dato dallo specialista che coordina il gruppo stesso (psicoterapeuta, preferibilmente formato nella tematica), permettono ai partecipanti una evoluzione e maturazione rapida ed efficace della loro competenza emotiva, relazionale e cognitiva (conoscenza) migliorando sia l’attesa che poi la relazione e la vita con i propri figli.
Dr.ssa Daniela Benedetto
“Diventare genitori adottivi: uno scenario da esplorare, una realtà da costruire”, tratto in data 05-10-2011 da Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologi http://www.opsonline.it/index.php?m=show&id=27021